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Bere meno, ma bere meglio

Scegliendo vini di piccoli produttori che coltivano le loro vigne con metodi bio.

In un’epoca in cui l’attenzione per la salute e lo “star bene” sta diventando sempre più importante, molte persone stanno cercando modi per ridurre il consumo di alcol senza però rinunciare al piacere di condividere a tavola una bottiglia di vino.

Optare per vini provenienti da uve bio coltivate da piccoli produttori può essere un modo eccellente per bilanciare il piacere della degustazione con una scelta di bevande più salutari.

Il consumatore di oggi è sempre più interessato all’informazione e si sta formando una cultura sul vino attenta e approfondita.

Pensiamo quindi che possa essere interessato a sapere come il lavoro di noi piccoli produttori si differenzi da quello delle grandi aziende che devono produrre milioni di bottiglie molto spesso a prezzi molto contenuti.

La scelta del bio

Non potendo contare su una grande produzione, il piccolo vignaiolo si deve concentrare soprattutto sulla qualità, che viene raggiunta molte volte a scapito della quantità e con costi maggiori che si rifletteranno sul prezzo finale della bottiglia.

La coltivazione bio elimina l’uso di insetticidi, erbicidi, fungicidi e fertilizzanti chimici limitando i trattamenti a quelli non sistemici (quelli che non vanno in circolo nella pianta e nel frutto) ma solo di “copertura” come rame o zolfo. Questo implica che tali trattamenti debbano essere ripetuti più spesso di quelli chimici più “potenti”, con relativo aumento dei costi.

Una recente inchiesta giornalistica ha raccontato alcuni procedimenti utilizzati in enologia soprattutto dai grandi produttori industriali con lo scopo di mantenere bassi i costi di produzione, e poter quindi esporre sugli scaffali bottiglie dal prezzo particolarmente competitivo.

Ci sembra però importante rassicurare gli appassionati del vino, a cui potrebbero essere venuti dei dubbi sulla sicurezza del contenuto del loro bicchiere: molte di queste pratiche sono ammesse dalla legge e non sono in alcun modo dannose per la salute.

E’ però altrettanto importante che il consumatore capisca che tutto il lavoro che sta dietro ad un prodotto artigianale di qualità ha un costo che si rifletterà sul prezzo finale e viceversa che se un prodotto ha un prezzo molto contenuto non sempre potrà garantire la qualità.

Nell’inchiesta giornalistica in questione sono stati analizzate le seguenti pratiche enologiche:

Mosto concentrato rettificato, chiarifica dei vini, lieviti, chips di legno.

Noi pensiamo che ognuno di questi argomenti meriti un approfondimento e ci piacerebbe raccontarvi in dettaglio il nostro punto di vista in merito e le nostre scelte nelle varie fasi di vinificazione.

Cominciamo oggi parlando di:

Mosto concentrato rettificato

Si tratta di  un liquido inodore ed incolore particolarmente ricco in zuccheri, utilizzato per arricchire i mosti ed aiutarli a raggiungere la gradazione alcolica desiderata.

 

uva sul terrenoIl mosto concentrato, come dice la parola stessa, deriva dalla concentrazione di mosto d’uva, generalmente proveniente da zone del sud Italia dove il clima fa sì che la concentrazione zuccherina sia naturalmente elevata. Viene utilizzato in annate sfavorevoli, per esempio quelle molto piovose, in cui gli zuccheri delle uve risultano più diluiti.

Questa pratica è rigidamente regolamentata e controllata dallo Stato Italiano e dal 2024 dovrà essere dichiarata in etichetta, mentre l’Italia, diversamente da altri paesi, vieta l’arricchimento dei mosti con zucchero.

Le aziende come la nostra limitano il numero ed il peso dei grappoli per ogni pianta, per esempio adottando certe forme di allevamento e potatura, oppure diradando i grappoli in eccesso prima della loro maturazione. Generalmente quindi queste aziende non hanno bisogno di ricorrere a questa tipologia di prodotti in quanto le uve arrivano a maturazione completa e con un grado alcolico potenziale compreso tra i 13 e i 14 gradi alcool.

Ovviamente, in questo modo la produzione in uva sarà più bassa… e le ore di lavoro in vigna invece saranno più alte con conseguente aumento dei costi di produzione!

Chips di legno

Alcune aziende introducono nei tini trucioli di legno che in un paio di settimane cedono al vino sentori simili all’affinamento in botte con un grande risparmio, sia in termini economici che di tempo e di spazio.

barriques in cantina

La nostra scelta è , invece, l’affinamento per mesi o anni in barriques e tonneaux di rovere francese di primo o secondo passaggio, le cui doghe permettono uno scambio di ossigeno in modo lento ed impercettibile e  dove gli aromi del legno e della sua tostatura si fondono con quelli del vino, creando così un equilibrio totale tra tutti questi elementi.

Per gestire un affinamento del genere servono un luogo idoneo a temperatura e umidità controllata, botti che vengono rinnovate ciclicamente e un determinato tempo di permanenza del vino a contatto con il legno che implica, perciò,  una immobilizzazione di capitale e quindi un costo.

Il risultato finale non può che essere diverso sia nel breve periodo che, soprattutto, nel lungo, quando l’effetto chips, decisamente meno duraturo nel tempo, va a perdersi nella bottiglia.

 

Se siete curiosi di conoscere i nostri modi di affrontare le altre pratiche enologiche a cui abbiamo accennato continuate a seguirci!